Purtroppo la chiusura delle scuole non ci ha permesso di andare nelle classi, quindi ci siamo limitati a parlare con i due docenti una volta terminato quest’anno scolastico particolare. Anno che è stato superato bene dai loro allievi, ci conferma Gionata, anche grazie al fatto di aver affrontato tematiche quali l’agricoltura e gli allevamenti intensivi, la deforestazione e le pandemie già nei corsi di storia e geografia, permettendo loro di riflettere anche in maniera oggettiva.
Ma non solo, secondo Vlady, grazie a un’iniziativa come questa è possibile offrire ai ragazzi la possibilità di apprendere scoprendo sperimentalmente anche i tempi e ritmi della natura e promuovendo in loro un diverso approccio nei confronti del suolo che, generosamente, ci sostenta permettendoci di vivere: “la creazione e la cura di un orto biologico, offrono infatti la possibilità a ragazzi e docenti di cogliere il forte legame che esiste tra ciò che mangiamo e la nostra Madre Terra”.
Gli allievi inizialmente sono solo consumatori che non conoscono quello che c’è dietro ai prodotti: far conoscere quello che sta dietro le quinte con testimonianze, documentari, ecc. e far conoscere il ciclo dei semi e la sua importanza sono aspetti fondamentali da considerare nell’insegnamento.
La scuola ha il ruolo di mostrare i vari ruoli nella catena di produzione sensata a rispondere alla domanda di cibo da parte di 8 miliardi di persone, di mostrare la produzione industriale e le piccole aziende locali e di mostrare l’importanza della conservazione e lo scambio di semi per preservare anche le antiche varietà.
Ma da dove nasce l’idea?
Lo scambio dei semi è una pratica molto antica: i contadini da secoli selezionano le sementi, le conservano e le moltiplicano, tramandandosi esperienze e conoscenze. I semi infatti non sono solo strumenti di produzione, ma sono testimonianze del patrimonio gastronomico, culturale e garanzia di sicurezza e di sovranità alimentare. Oggi i semi sono il presente e il futuro della vita e vanno protetti e preservati per tutelare la diversità biologica e culturale.
Il mandillo dei semi quale simbolo di prosperità
In Ticino esiste da un decennio - racconta Gionata e prosegue - nella tradizione contadina la famiglia della sposa dava in dote il mandillo dei semi, ovvero un fazzoletto chiuso con un nodo contenente una selezione di semi per avviare la coltivazione nella nuova famiglia.
L’idea di tenere uno scambio di semi tra le scuole è nata durante un corso d’aggiornamento dedicato ai cambiamenti climatici, se non sbaglio proprio organizzato da é21 - ci confida Vlady - l’idea è poi andata via via strutturandosi e rafforzandosi nel corso delle riunioni del comitato dell’associazione “Ortoascuola” ed infine, grazie all’impegno dei ragazzi, genitori e docenti dei vari ordini scolastici, alla collaborazione con l’ortobio e alla promozione attuata dall’Ufficio delle scuole comunali e dalla Sezione dell’insegnamento medio, questa iniziativa è stata realizzata, con grande soddisfazione di tutti, la prima volta mercoledì 28 febbraio del 2018.
Scambiarsi i semi fa diventare ancora più
ricco e variegato l’orto a scuola
Oltre a far rete quello è un giorno di festa dove i ragazzi hanno la possibilità di girare tra le varie bancarelle per scambiarsi i semi: in questo modo hanno potuto aggiungere nuove e diverse specie a quelle già disponibili, così il loro orto scolastico avrebbe potuto diventare ancora più ricco e variegato - conferma Vlady che approfondisce il discorso - questa attività diventa così un prezioso momento per avvicinare gli allievi al mondo rurale, ai suoi riti antichi, al nostro patrimonio culturale ma non solo. Bisogna ricordare – le fa eco Gionata - che il fatto di coltivare il territorio fa parte della nostra specie, gli indigeni nelle foreste, ma anche i romani in epoche più remote, hanno creato dei corridoi commestibili buttando i semi lungo i loro itinerari abituali (per esempio i romani hanno portato alal difussione di pinoli, castagne e noci). Permettendo loro di servirsi di frutta, ma anche della cacciagione che questa attira.
Non solo scambio di semi
I nostri giovani, grazie a questi momenti conviviali e alle attività annesse, possono riscoprire l’importanza delle varietà locali, ma anche capire che il seme ha sempre “viaggiato”, anche a lunghe distanze, adattandosi ai territori, acclimatandosi e sviluppando nuove caratteristiche adatte al luogo di coltivazione (ad es. dalle Americhe sono arrivati i pomodori, i fagioli, le patate, i peperoni; dall’Oriente sono arrivate le melanzane, gli agrumi, ecc.). Le varietà di semi locali o acclimatate sono poi diventate specifiche di un determinato territorio (ad es. il fagiolo di Lucca, il pomodoro di Berna, la trombetta di Albenga). Invece i semi industriali F1 o F2 (brevettati, uniformi, stabili) sono un prodotto omologato, più produttivo ma “sterile”: infatti, dai loro frutti non si ottiene semenza (o in quantità molto scarse) e bisogna quindi comperarne nuovamente l’anno successivo.
I ragazzi acquisiscono anche una maggiore coscienza!
Mentre le varietà locali sono forse un po’ meno produttive di quelle industriali, ma più adatte alle produzioni di semi. Così i ragazzi acquisiscono anche una maggiore coscienza dell’ambiente che ci circonda, della sua complessità e del ruolo che l’essere umano gioca all’interno di questi delicati equilibri.
L’orto didattico arricchisce l’ecosistema scuola
Un terzo delle scuole medie in Ticino hanno un orto didattico. Questo funge da calamita per le discipline come scienze, educazione alimentare, geografia e storia, ma anche altre come arte, matematica, ecc. Lavorare nell’orto è un po’ come essere in un’aula all’aperto, confida Vlady citando J. Piaget: “un ambiente di apprendimento fertile e multisensoriale, con forme, superfici, colori, odori, gusti e suoni del mondo reale, è fondamentale per il pieno sviluppo cognitivo ed emotivo del bambino”.
Per Gionata si tratta anche di un’opportunità che arrischisce l’ecosistema scuola che così può diventare più sostenibile, sfruttando per esempio la mensa tramite l’utilizzo dei suoi prodotti e la riduzione dei rifiuti grazie anche al compostaggio e agli sfalci d’erba del custode. A Canobbio, capita che gli allievi condividono un pasto o una merenda tutti insieme presso l’orto, dove sembra essere in fattoria visto che vi sono anche le galline e il gallo dell’ex-custode. La collaborazione nel gruppo, il piacere di stare insieme, il mangiare all’aperto e la convivialità sono elementi fondamentali per tutti gli apprendimenti di vita.
Riflettere insieme sulle buone pratiche
realizzate nell’orto scolastico
Secondo Vlady, “lo stare bene nella natura”, a contatto diretto con la materia prima, conoscere sempre meglio il prodotto a km zero, scoprire sapori genuini, senza prodotti chimici, assaporare le creazioni fatte in cucina, appaga tutti i sensi e dona gioia nel cuore. È quindi importante sensibilizzare i ragazzi alla cura della propria salute e riflettere insieme sulle buone pratiche realizzate nell’orto scolastico (compostaggio, riciclaggio, filiera corta, biologico, stagionale e regionale, auto-produzione dei semi, conservazione, ecc.), in quanto questo può aiutare alla comprensione dell’importanza di un’educazione al consumo consapevole, rispettoso dell’ambiente e maggiormente sostenibile.
Gionata conclude dicendo che “si auspica la continuità”. Come a Giubiasco dove un allievo dalla scuola dell’infanzia, alle elementari, alle medie e poi al liceo di Bellinzona troverà sempre un orto dove potrà vivere diversi tipi di esperienze. In quanto le famiglie non hanno la possibilità o la volontà di tenere un proprio orto, quindi la scuola ha un ruolo importante!
La trasformazione di quanto prodotto nell’orto
Vlady spiega che durante il corso di educazione alimentare i ragazzi cucinano un pasto completo con un’entrata (insalata, carpaccio vegetariano o crema di verdure o una spremuta fresca di frutta/verdura), un piatto principale normalmente con un carboidrato accompagnato ancora da verdure e qualche proteina (sopratutto vegetale o da un latticino) e a volte si termina anche con un piccolo dessert.
Educare gli allievi a una maggiore diversità del cibo
Durante le 12 lezioni solo un pasto sarà a base di carne, in quanto la sua impronta ecologica risulta più pesante, questo porta i ragazzi a reclamare diventando uno spunto di riflessione e discussione in classe. Ma non solo, per Gionata le merende multietniche, la coltivazione di erbe spontanee o esperimenti con verdure strane alle quali non siamo abituati, sono esperienze fondamentali che permettono anche di educare gli allievi a una maggiore diversità del cibo, intesa come diversità culturale ma anche come biodiversità, facendo loro per esempio apprezzare il cavolo spesso disprezzato.
Non è da dimenticare che nelle lezioni di educazione alimentare si dà la possibilità ai ragazzi di allenare una manualità che con la tecnologia va un po’ scomparendo (impastare, tagliare, decorare, tecniche varie in cucina e nel riassetto, i turni, la collaborazione, la responsabilità nell’azione, ...) e – racconta Vlady - ci riconnettiamo con alcuni rituali che vanno un po’ scomparendo.
Riscopre il piacere di mangiare
Il rituale del cibo ad esempio, al giorno d’oggi con la rivoluzione alimentare del supermercato, non è più un momento importante della giornata ma tende a diventare sempre più breve, quasi una seccatura, un perder tempo. Dalle discussioni fatte con gli allievi emerge che spesso il tempo del consumo del pasto è in media di soli 10 minuti mentre a scuola è di almeno 30 minuti diventando così un tempo prezioso dove si riscopre “il piacere di mangiare” e dove ci si può scambiare vissuti sia culturali che emotivi. Questo è un lasso di tempo privilegiato che spesso non si trova in nessun’altra materia: i ragazzi si aprono ed esprimono anche emozioni che normalmente non riescono a far emergere e le condividono con gli altri, si sostengono a vicenda, imparano a conoscere meglio gli altri e a rispettare anche opinioni diverse e culture diverse. Chiaro non sempre è tutto così rose e fiori, a volte – conclude Vlady - il mio ruolo diventa da mediatrice di discussioni, anche un po’ accese, ma in genere si tratta di un momento prezioso, unico, di intimità.
Le abitudini alimentari nel quotidiano
Riflessioni fatte in classe, come per esempio quella sul consumo di carne rossa e le sue conseguenze a livello globale, spesso e volentieri portano a discussioni anche in casa. Talvolta portano anche a un cambiamento delle abitudini a favore della carne bianca. In fin dei conti “la natura ci ha dato i denti canini pertanto il consumo di carne fa parte della dieta umana” spiega Gionata.
Pensano che gli alimenti vengono
dagli scaffali del supermercato
Vlady invece risponde: “alcuni ragazzi pensano che gli alimenti vengono dagli scaffali del supermercato, hanno perso completamente l’origine dei prodotti, non si chiedono nemmeno cosa stanno mangiando, a loro basta che sia buono, che sia commestibile… “ quindi il viaggio dal seme al piatto che inizia nell’orto, a contatto diretto con la materia prima, permette loro di conoscere il prodotto a km zero, scoprire sapori genuini e assaporare le proprie creazioni fatte in cucina: alcuni di loro replicano queste esperienze anche a casa. Questo è motivo d’orgoglio per noi docenti, un successo!
A volte si riesce a coinvolgere anche i genitori che durante la lezione insegnano ai ragazzi delle ricette dei loro Paesi d’origine oppure sono i ragazzi stessi che insegnano ai compagni una ricetta particolare del proprio Paese. Oppure i ragazzi del corso raccontano storie e abitudini dei loro Paesi inerenti ad esempio all’uso di alcune verdure o ad alcune feste speciali. È un continuo viaggiare anche stando in aula.
Da mangiatore industriale a consumatore consapevole
Per Gionata un progetto basato sull’orto è educazione diretta allo sviluppo sostenibile, che si lega ad alcuni dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) dell'Agenda 2030 in quanto è in città (OSS 11) che si giocherà il futuro della specie umana, infatti 2 su 3 allievi ci andranno a vivere. Grazie all’orto a scuola gli allievi avranno una cassetta degli attrezzi che permette loro di creare un orto ovunque vadano arricchendo le varie esperienze, sempre più all’avanguardia, che già esistono. Per Vlady “il mangiatore industriale” si accontenta di mangiare ciò che trova disponibile sul mercato senza stimarne il valore economico, la stagionalità o i chilometri percorsi per raggiungere la sua tavola. Nei nostri corsi trattiamo argomenti come il piatto equilibrato e la piramide alimentare, ma sempre di più, cerchiamo di sensibilizzare i nostri allievi ad essere sensibili e consapevoli dell’importanza di scegliere il cibo in funzione di un’alimentazione sana e nel rispetto dell’ambiente.
Sviluppare il senso di responsabilità e di critica
Accompagniamo i ragazzi in questo breve percorso aiutandoli a sviluppare il senso di responsabilità e di critica rispetto alle nostre abitudini alimentari e consumistiche (educazione alle scelte) e altre competenze che possono essere attivate se si è disposti ad un’apertura verso queste tematiche. Non dimentichiamoci che i ragazzi che seguono questo corso obbligatorio sono in piena adolescenza e quindi già in rivoluzione con sé stessi e con l’ambiente che li circonda. Metaforicamente noi docenti possiamo mettere a dimora un piccolo seme qui e uno là, aiutandoli a crescere e svilupparsi, fino a quando, un giorno, diventeranno delle bellissime piante.